La biopsia epatica è da tempo relegata da remore sulle complicanze e dai epatologi “non interventisti” che hanno dovuto delegare a radiologi o peggio chirurghi, per l’esecuzione delle biopsie.
Invece oggi una biopsia epatica, guidata in real time dall’ecografia, con una traccia sul video che permette di seguire passo dopo passo il tragitto dell’ago, ha reso sicura questa pratica, azzerando mortalità e morbidità.
In caso di neoplasia epatica sarebbe utile il campione istologico per la conferma istologica. Tuttavia, nel caso dell’epatocarcinoma, le linee guida europee ed americane, hanno introdotto (sempre nell’ottica di “timori” legati a possibili complicanze e legato al fatto che gli americani e spagnoli, da dove provengono le linee guida BCLC -Barcelona Clinic Liver Cancer- sono meno interventisti) criteri radiologici di diagnosi. Nello specifico si ci riferisce a fase di ipervascolarizzazione arteriosa (wash-in) e ipo-vascolarizzazione in fase venosa (wash-out). Ciò sarebbe dovuta dalla trasformazione del tessuto neoplastico che presenta appunto maggiore apporto arterioso e minore portale, contrariamente dal fegato sano (ricordo che il 70 % dell’afflusso di sangue al fegato è di origine portale, il 30 % di origine arteriosa).
Vi presentiamo il caso di un nodulo di grosse dimensioni (14 cm) del lobo epatico di destra, infiltrante la vena cava inferiore. Abbiamo deciso di bioptizzarlo per la certezza diagnostica (non potendosi esludere un colangiocarcinoma, un tumore neuroendocrino) benchè il quadro di una sottostante cirrosi epatica alcolica lasciasse ipotizzare un epatocarcinoma (in caso di epatopatia alcolica, insorge su cirrosi epatica nel 90 % dei casi).
Vi alleghiamo l’immagine della procedura, eseguita con ago sottile 21 gauge con guida ecografica.
Sulla sinistra dell’immagine si nota modica ascite (liquido, anecogeno).