FORMAZIONE PANCREATICA INDIDENTALE (II PARTE), aggiornamento dopo TAC

Segnaliamo la TAC della sig.ra cui avevamo riscontrato formazione pancreatica.

La TAC conferma l’espanso che ha caratteristica cistica in parte. Si sottolinea che da qualche hanno la pz presentava minute cisti pancreatiche prive di sospetto, compatibili con IPMN (neoplasia intrapancreatica mucinosa).

In ECOGRAFIA

In TACPANCREAS

 

La paziente ha 80 anni e soffre di cirrosi epatica in labile compenso. Pur essendo il sospetto di patologia oncologica (possibile cisto-adenocarcinoma o IPMN) non si è deciso per approccio interventistico. Si rimanda a definizione citologica per approccio eco-endoscopico eventuale successivo approccio oncologico.

 

 

Lesione focale epatica incidentale in corso di esame ecografico di routine (seconda parte)

Carissimi,

ricordate la lesione incidentale epatica descritta qualche tempo addietro? L’indagine di TAC ha dimostrato “semplice” angioma (riepimpimento globulare in fase arteriosa con tendenza all’omogenizzazione in fase portale e tardiva). La particolarità del caso risiede nella ipoecogenicità della lesione (peraltro possibile in presenza di steatosi epatica) e nel fatto che nessun esame ecografico precedente l’avesse segnalato.

Vi ricordo l’immagine ecografica e seguono le immagini TAC

ECOGRAFIA (VI SEGMENTO, AREA IPOECOGENA IN CONTESTO DI FEGATO STEATOSICO)

Immagine 4

FASE ARTERIOSA (riempimento globulare)18.04.2FASE TARDIVA (riempimento omogeneo)18.04.3

Tutto è bene, ciò che finisce bene.

 

Felici per il lieto fine.

Lesione focale epatica incidentale in corso di esame ecografico di routine

Cari,

oggi vi presento le immagini di un caso visto stamane. Paziente di 60 anni, con anamnesi familiare (padre e madre) positiva per neoplasia intestinale. Giunge per ecografia di “controllo”. Mi sono spesso chiesto quale fosse il senso di alcuni controlli, chiesti a raffica da una medicina difensiva o peggio ancora non orientata clinicamente. Questo caso raro, sulla maggior parte di esami completamente normali eseguiti per “controllo”, ha mostrato una lesione di circa 30 mm del VI segmento epatico, in contesto di fegato steatosico. Le caratteristiche basali non permettono di porre diagnosi sulla natura, ma l’irregolarità dei margini, l’assenza in esami precedenti nonché la struttura disomogenea, orienterebbero verso un processo neoformato. Abbiamo indicato un TAC Torace addome e valuteremo a breve il caso per eventuali successivi approfondimenti.

 

Immagine 4

Un piccolo epatocarcinoma “fantasma” alla risonanza e TAC ma non all’ecografia

Salve,

vi presentiamo il caso di uomo di 58 anni, affetto da cirrosi post-NASH  e rilievo ecografico di nodulo epatico di circa 18 mm. La RMN con mdc epatospecifico e la TAC addome quadrifasica non hanno documentato alterazioni della fase post-contrastografica.  Determinati nella definizione diagnostica, abbiamo proposto la biopsia. Il nodulo è risultato un HCC ben differenziato.

HCC IN NASHIl caso offre diversi spunti di discussione. Si tratta di un caso di “early HCC”, vagamente nodulare e con caratteristiche di ipo-isovascolarità con il parenchima. La mancata caratteristica di ipervascolarità riflette l’assenza di quella trasformazione istologica caratterizzata da arteriole “unpaired” (disordinate) e la perdita di spazi portali, tipica della trasformazione neoplastica dell’HCC (che ne determinano dunque l’ipervascolarità nella fase arteriosa, ed ipovascolarità nella fase venosa e tardiva). Il caso fa riflettere anche sull’utilità di una ecografia eseguita con expertise, e del fatto che alcuni noduli anche in ecografia basale possono avere delle caratteristiche di sospetto. In questo caso il nodulo era vagamente nodulare, in contesto di steatosi. Un’elevazione dell’alfa-fetoproteina > 50 nel caso specifico, hanno rafforzato i sospetti. Il messaggio da portarci a casa è di discutere collegialmente il caso di noduli sospetti in contesto di fegato cirrotico, e di esaminarli sempre con l’ausilio di una buona ecografia, oltre alle performanti risonanze e TAC, insostituibili per molti versi. Nei casi dubbi è possibile poi ricorrere al mezzo di contrasto ecografico endovascolare. La biopsia epatica anche con aghi sottili (ad esempio in questo caso abbiamo utilizzato un 21 G Menghini) può essere l’unica soluzione dirimente, ed utile per caratterizzare l’aggressività del nodulo ed il parenchima circostante per stadiarne la fibrosi o definirne l’epatopatia.

Semeiotica della cirrosi epatica

Ci sono pochi segni così specifici come quelli che in ecografia caratterizzano l’evoluzione cirrotica di un’epatopatia. Ciascun ecografista dovrebbe esserne pienamente a conoscenza. Un aumento del diametro longitudinale del lobo caudato (v.n. < 5 cm), la superficie bozzuta, l’ecostruttura multinodulare (coarse nodular pattern) e poi, nella fase più avanzata la presenza di segni di ipertensione portale come ascite, ricanalizzazone della paraombelicale con flusso epatofugo, splenomegalia. Tutto questo rientra nella valutazione clinica ed ecografica del paziente cirrotico. Poco utilizzabili invece sono alcuni rapporti come R/CL (ovvero rapporto fra lobo dx e caudato), perché di difficile riproducibilità in corso di esame standard.

Vi alleghiamo l’ultimo caso di cirrosi epatica su base autoimmune valutato nel nostro ambulatorio.

Si segnali la bozzatura della superficie e l’ipertrofia del caudato.

Vi alleghiamo l’ultimo caso di cirrosi epatica su base autoimmune valutato nel nostro ambulatorio.

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Biopsia di un nodulo epatico di grosse dimensioni

La biopsia epatica è da tempo relegata da remore sulle complicanze e dai epatologi “non interventisti” che hanno dovuto delegare a radiologi o peggio chirurghi, per l’esecuzione delle biopsie.

Invece oggi una biopsia epatica, guidata in real time dall’ecografia, con una traccia sul video che permette di seguire passo dopo passo il tragitto dell’ago, ha reso sicura questa pratica, azzerando mortalità e morbidità.

In caso di neoplasia epatica sarebbe utile il campione istologico per la conferma istologica. Tuttavia, nel caso dell’epatocarcinoma, le linee guida europee ed americane, hanno introdotto (sempre nell’ottica di “timori” legati a possibili complicanze e legato al fatto che gli americani e spagnoli, da dove provengono le linee guida BCLC  -Barcelona Clinic Liver Cancer- sono meno interventisti) criteri radiologici di diagnosi. Nello specifico si ci riferisce a fase di ipervascolarizzazione arteriosa (wash-in) e ipo-vascolarizzazione in fase venosa (wash-out). Ciò sarebbe dovuta dalla trasformazione del tessuto neoplastico che presenta appunto maggiore apporto arterioso e minore portale, contrariamente dal fegato sano (ricordo che il 70 % dell’afflusso di sangue al fegato è di origine portale, il 30 % di origine arteriosa).

Vi presentiamo il caso di un nodulo di grosse dimensioni (14 cm) del lobo epatico di destra, infiltrante la vena cava inferiore. Abbiamo deciso di bioptizzarlo per la certezza diagnostica (non potendosi esludere un colangiocarcinoma, un tumore neuroendocrino) benchè il quadro di una sottostante cirrosi epatica alcolica lasciasse ipotizzare un epatocarcinoma (in caso di epatopatia alcolica, insorge su cirrosi epatica nel 90 % dei casi).

Vi alleghiamo l’immagine della procedura, eseguita con ago sottile 21 gauge con guida ecografica.

Sulla sinistra dell’immagine si nota modica ascite (liquido, anecogeno).

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Ricanalizzazione della vena para-ombelicale

Presentazione standard1Da tempo non capitava un caso di ricanalizzazione della vena paraombelicale così eclatante.

Uomo di 77 anni con cirrosi criptogenica (escluso diabete, autoimmunità, alfa-1 o Wilson, virus negativi) con fegato francamente cirrotico all’imaging (“coarse nodular pattern”, bozzatura della superficie, margini angolari arrotondati) e segni di ipertensione portale: edemi declivi, lieve ascite, varici esofagee. La ricanalizzazione della vena paraombelicale è uno dei segni più specifici di epatopatia cirrogena e quando incontrato rende mandatori altri approfondimenti. Si tratta di una porzione che si dirama da un tratto del armo portale sinistro, normalmente chiuso, che si riapre nei pazienti con ipertensione portale, classicamente con flusso epatofugo. Può essere soggetta a fenomeni trombotici.

Vi alleghiamo l’immagine

 

Alcolizzazione dei noduli epatici: tecnica desueta?

Sino a 10 anni addietro, nei convegni si sentiva parlare in maniera fascinante dell’alcolizzazione percutanea dei noduli di epatocarcinoma, con risultati non soddisfacenti in termini di recidiva a lungo termine, ma sottolineando la minima invasività della procedura ed il costo bassissimo. Oggi la tecnica nota come PEI (Percutaneous Alcohol Injection) è stata soppiantata dai più moderni aghi di radiofrequenza o micro-onde. Eppure un limitato e specifico spazio è ancora a buon diritto occupato dal buon vecchio alcol. In noduli al di sotto di 2 cm, in sedi difficilmente curabili con ipertermia (vicino a colecisti o sottocapsulari, vicino al diaframma) ed in caso di pazienti con plurime comorbidità e nel quale il rischio di una termoablazione possa essere aumentato. L’alcolizzazione nasce in Italia da maestri come Prof. Livraghi e contemporaneamente si sviluppa in Giappone dove assume anche potenzialità di curare noduli di grosse dimensioni con l’inserimento multiago. L’ultimo caso che ricordiamo, è stato di un paziente con epatocarcinoma dell’VIII segmento di 18 mm alla confluenza delle vene epatiche e paracardiaco. Nella foto si vede la “nubecola” biancastra che sarebbe l’effetto dell’alcol in ecografia. Il paziente è stato dimesso in giornata dopo tre ore di osservazione. Il trattamento tuttavia non è risultato efficace e sono stati necessari un altro trattamento di alcolizzazione e poi, residuando solo circa 10 mm di area di malattia attiva e’ stata possibile una radiofrequenza con ago singolo e punta esposta di 2 cm.

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